L’attuale Chiesa del Torresino nasce nel 1751, quando la confraternita di San Giuseppe che gestiva la vecchia chiesa recante lo stesso nome, chiese alla comunità cittadina di ricostruirla  più grande a proprie spese.

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La precedente chiesetta sorgeva sulla stessa area ed era orientata da sud a nord con l’altare maggiore poggiato alle mura e l’ingresso rivolto verso il centro della città. Sulle sue origini non si dispone di dati certi. La più antica descrizione è di Andrea Cittadella che nella sua Descrittione di Padova e suo territorio del 1605  ce ne riporta le dimensioni che  erano di circa 12 metri di lunghezza per 9 di larghezza.
Il Cittadella ipotizzava che la sua costruzione fosse avvenuta contemporaneamente  a quella delle mura e che avrebbe assolto alla funzione di cappella della guarnigione che presidiava la fortezza  e che risiedeva  nella vicina Torre di Malta. Riprendendo una tradizione medioevale abbastanza diffusa, il suo posizionamento vicino all’ingresso principale alla città, avrebbe rappresentato la volontà di porre un elemento sacro  a vigilare sulla città e a garantire la protezione divina, così come le  immagini sacre poste all’interno delle porte della città alla fine del XV secolo.
Una supplica presentata dai massari al consiglio generale della comunità nel  1611, ricordando la sua antica origine e la grande devozione che le era dedicata nei tempi andati, chiedeva un contributo per provvedere ai bisogni della chiesa che veniva definita “povera, vechia et antiquissima”.
Nella descrizione di Andrea Cittadella vengono nominati tre altari di cui uno dedicato alla Vergine e i due minori a San Rocco e a San Sebastiano. Il culto di questi santi, invocati dalla devozione popolare contro il flagello della peste già a metà del Trecento, potrebbe far ipotizzare una diversa datazione (dopo il 1400) . Non aiuta molto il Salomonio che alla fine del Seicento trascrive una sola lapide posta nel pavimento e datata 1670 a memoria del cittadellese Gasparo Panza e dei suoi successori.
La chiesa era sempre stata di proprietà della comunità che nominava dei massari per la gestione, un sacerdote per l’ufficiatura e dava ospitalità alle confraternite che ne garantivano la conservazione e il mantenimento. Da alcuni disegni realizzati per determinare le demolizioni da eseguire per la costruzione della nuova chiesa e da un vecchio timbro della fabbriceria del duomo conservato nella parrocchiale, possiamo immaginare la chiesetta come un piccolo edificio a navata unica con tetto a due spioventi, un piccolo portico sorretto da quattro colonne che inquadra la porta di ingresso, due finestre laterali e una scalinata che ci lascia  pensare che la chiesa fosse posta sopra allo spalto interno di sostegno delle mura  che poi fu spianato per dar posto alla piazza posta davanti alla nuova chiesa.

È del 1750 la richiesta della confraternita di San Giuseppe,  a nome di tutti i confratelli, di “rimodernare ed aggrandire” la Chiesa del Torresino con le elemosine dei confratelli e i lasciti dei benefattori e senza nessuna spesa per la comunità, lasciando a questa il pieno dominio senza alcun pregiudizio. L’istanza venne accolta favorevolmente. Fu chiesto ai Provveditori alle Rason Vecchie, previo parere favorevole del podestà cittadino, il permesso di costruire la nuova chiesa dopo aver operato alcune demolizioni. La nuova fabbrica prevedeva oltre alla demolizione della vecchia chiesuola, l’abbattimento del rivellino interno della porta padovana, la spianatura del terrapieno per poter approntare la piazza. Il progetto prevedeva inoltre di utilizzare le mura come parete, di aprire due finestre sulla cortina, di utilizzare il torresino come campanile e di pogggiare il tetto al camminamento. Alla fine di ottobre del 1752, in meno di due anni, la chiesa era completata e fu benedetta dall’arciprete di Cittadella Ottavio Branzo Loschi su delega del Vescovo di Vicenza. Da allora divenne la chiesa sussidiaria della parrocchiale fino alla metà del 1900.

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L’architettura della chiesa è di chiara ispirazione palladiana, secondo la maniera dettata dall’architetto Giorgio Massari, attivo a quel tempo nella nostra zona con i progetti delle chiese di Galliera Veneta, San Martino di Lupari, Resana, Crespano, Scorzè, Castelfranco Veneto. Al Massari era stato commissionato nel 1747 il progetto non realizzato del duomo. Lo stesso progetto rivisitato dal perito cittadellese Domenico Bertoldi  servì per la chiesa del Torresino e successivamente,  opportunamente  ingrandito e modificato anche da altri architetti, per la stessa chiesa parrocchiale di Cittadella.  Per entrambe le chiese cittadellesi, così come per le altre progettate dal  Massari,  il modello è il Redentore del Palladio: una vasta aula rettangolare a navata unica, ampia, luminosa, senza colonne o pilastri che possono limitare la visione e l’ascolto dei fedeli durante le funzioni religiose. Lo spazio delle pareti interne è scandito da semicolonne di ordine ionico che formano sulle pareti laterali tre campate strette decorate con cornici e specchiature che evidenziano le due ampie arcate a fondo piatto che accolgono gli altari laterali. Una cornice in corrispondenza dell’imposta degli archi cinge tutto il perimetro della chiesa.  Le coppie di semicolonne sostengono la trabeazione aggettante. Sulle pareti di testa i due parati stretti, ad est inquadrano la larga arcata centrale che ospita il portale di ingresso, sul lato opposto l’arcata centrale aperta costituisce l’arcone che dà sul presbiterio. Quest’ultimo, a pianta rettangolare, termina con l’abside semicircolare. 

 

chiesa-del-torresino-cittadellaLa chiesa dispone di cinque altari. Due di questi, in marmo policromo seicenteschi, provengono dal vecchio duomo. L’altare maggiore, in marmo di Carrara, è opera dello scalpellino vicentino Antonio Sterle cui è da attribuire anche uno dei due altari laterali neoclassici, disegnato dallo stesso Bertoldi e completato nel 1771. L’altro altare neoclassico, che contiene la pala di san Luigi Gonzaga, è stato ultimato nel 1861.

Le pale degli altari non rispecchiano le antiche devozioni ma sono frutto di scelte operate a seguito  della crescita nel culto cittadino di altre confraternite e della dispersione di opere d’arte provocata dall’editto Napoleonico che aveva fatto chiudere gran parte dei monasteri cittadini.

Oltre al già citato San Luigi Gonzaga del XIX sec., nell’altare maggiore è posta una Sacra Famiglia di elegante fattura ma di datazione e provenienza incerte. Negli altri altari notiamo: la pala dedicata a San Bovo cavaliere, il cui culto è  sempre stato molto praticato dalle nostre parti, opera del cittadellese Antonio Citto de Rossi e risalente al XVII secolo, la ottocentesca pala dedicata a sant’Anna, la Vergine e San Gioacchino e la bellissima deposizione di scuola bassanesca proveniente dal monastero di Santa Maria del Camposanto, adattata all’altare con l’aggiunta della lunetta superiore e di due figure laterali.

Altre opere conservate all’interno del Torresino, importanti dal punto di vista storico oltreché artistico, sono: un grande crocifisso quattrocentesco in legno proveniente dall’interno di Porta Vicenza e un fonte battesimale medioevale in pietra proveniente dalla chiesa di San Nicolò di Mejaniga.

La Chiesa del Torresino, dedicata ai combattenti, ospita mostre, convegni e concerti di alto livello degni di una sede così prestigiosa.